Quando praticare sport può far male alla salute…patrimoniale.
A cura del Rag. Massimo Bernardi e del Dott. Niccolò Di Bella
L’Italia, come noto, è un Paese in cui la pratica sportiva svolge un ruolo fondamentale in molteplici aspetti della vita: da quelli attinenti il benessere psico-fisico, a quelli di tipo sociale, e non di meno in ambito economico.
La dimensione del fenomeno è lampante consultando alcuni dati disponibili in rete: l’ISTAT, secondo un recente censimento sulle Istituzioni No Profit, certifica che le Associazioni (riconosciute e non) operanti nel settore “Cultura, Sport e Ricreazione” sono ben 218.281, il 64,9% sul totale delle 336.275 Istituzioni No Profit presenti su tutto il territorio Nazionale. Il CONI ci consente di dettagliare ulteriormente le suddette grandezze, arrivando a stimare in 145.095 le Associazioni Sportive Dilettantistiche (A.S.D.) e le Società Sportive Dilettantistiche (S.S.D.) iscritte alla data del 31/12/2016.
Se, infine, si considera che le ASD rappresentano il 95% delle realtà sportive in Italia, è altamente probabile che ciascuno di noi avrà a che fare nella propria vita con un ente di questa natura, magari solo a titolo di partecipante ad un corso di fitness, piuttosto che in qualità di affiliato ad un prestigioso golf club, o quale Presidente, componente di un Consiglio Direttivo, Socio o Affiliato.
Alla luce di queste considerazioni, appare utile attenzionare coloro che svolgono proprio il ruolo di Presidente (ergo, legale rappresentate) e/o tutti coloro che svolgono ruoli gestionali a vario titolo, in considerazione del fatto che in tali enti la responsabilità personale e solidale degli amministratori prevista dall’art.38 cod.civ. per coloro che agiscono in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta, porta con sé delle responsabilità patrimoniali di non poco conto.
Il rischio principale, da un punto di vista puramente ammnistrativo/economico, in cui corrono di imbattersi tali enti è indubbiamente quello di subire accertamenti da parte del Fisco, con riflessi potenzialmente devastanti stante le modalità investigative sempre più penetranti e le presunzioni di ricavi di cui lo stesso può farsi forte; il tutto, a fronte di gestioni che molto spesso vengono trascurate in quanto – pur nella loro delicatezza ed importanza – chi gestisce queste associazioni è solito trincerarsi dietro a regimi di determinazione forfettaria dei redditi (si pensi alla Legge n. 398/1991) o a modalità semplificata di tenuta delle contabilità. Nella realtà dei fatti, come purtroppo si apprende solo a verifica iniziata o ad accertamento notificato, la situazione è molto differente, e scivolare in pensanti sanzioni tributarie e addebiti per maggiori imposte da capogiro è estremamente facile!
Inutile, a quel punto, correre ai ripari. Come si dice, il danno è fatto. E se non si vuole mettere una toppa peggiore del buco (rischiando di incorrere nel reato penale di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte ex art. 11 del D.Lgs. n.74/2000), allora a quel punto è necessario munirsi di un buon difensore tributario, e sperare che la Commissione Tributaria (o la Cassazione, in ultima istanza) accolga le difese dell’ente e del suo rappresentante.
A questo punto la domanda sorge spontanea: come possono tutelare il patrimonio personale le migliaia di Presidenti e amministratori (a vario titolo) delle A.S.D.?
Un primo consiglio, magari scontato (anche se la prassi professionale ci conferma che tanto scontato non è…), è gestire questi enti con quella dovizia di attenzione che richiedono, avendo cura che il sodalizio sportivo sia di immediata evidenza dalla lettura dei verbali di Consiglio Direttivo, dai Verbali di Assemblea dei Soci, dalla stesura e dalla condivisione di adeguati rendiconti contabili.
In secondo luogo, a parere di chi scrive, è necessario compiere una seria riflessione sull’opportunità di trasformare l’A.S.D. in una Società Sportiva Dilettantistica (S.S.D.), che a tutti gli effetti è una società di capitali (sotto forma di S.r.l. o Società Cooperativa); in questo tipo di società, infatti, prevale l’elemento patrimoniale che si palesa nel riconoscimento della personalità giuridica e che sfocia nell’autonomia patrimoniale perfetta: ossia delle obbligazioni assunte ne risponde solo il patrimonio della società (si badi bene, solo per le obbligazioni successive la trasformazione). Pur a fronte di un incremento dei costi gestionali, la sfera patrimoniale personale di coloro che amministrano queste società sarà sicuramente al sicuro, fatti salvi ipotesi straordinarie legate prettamente a fattispecie penal-tributarie.
Ma il consiglio più utile, troppo spesso inascoltato, per tutti coloro i quali rivestono un ruolo gestionale in una A.S.D., è rappresentato dal mettere in campo un’accurata pianificazione patrimoniale, mettendo al sicuro i propri beni nei giusti tempi e nelle giuste modalità.
Affidatevi al vostro patrimonialista di fiducia; non sarà il vostro personal-trainer, ma gli sarete ugualmente grati per avervi fatto dormire sonni tranquilli.